
Se il commercio muore...
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- Categoria: Approfondimento e opinioni
- Pubblicato Giovedì, 07 Maggio 2015 14:37
- Scritto da Salvatore Pantano
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Cosa rende ricche e vive le vie di un centro cittadino? Cosa le riempie di gente, di scambi (non solo in termini materiali!) e di dinamicità? Il commercio. Solo le attività commerciali sono la piena espressione dell’iniziativa privata, di chi investe nella propria idea di imprenditorialità piccola o grande che sia e al tempo stesso scommette su un luogo arricchendolo in maniera indiretta. Un paese, senza commercio, senza negozi, bar, botteghe, è di per sé destinato a scomparire. San Piero ha un passato “glorioso” in questo ambito. Per decenni è stato un polo attrattore per il circondario grazie all’ampia offerta di merci, soprattutto in occasione delle feste patronali. Erano i tempi in cui si andava in fiera per comprare indumenti e scarpe, attrezzi da lavoro e per la casa. Gli artigiani locali facevano la loro parte vendendo i propri manufatti e poi c’era la microeconomia che guadagnava dall’arrivo di questi avventori esterni: bar, osterie, botteghe... Con il passare del tempo, però, cambiano le condizioni economiche e sociali, cambiano le abitudini e le maniere, cambia anche il commercio e la microeconomia locale. Fino a buona parte degli anni ’90 S. Piero ha conservato la propria attrattività commerciale. Oggi di tutto questo non resta nulla o quasi: da una decina di anni a questa parte sono state tante le attività commerciali ad aver abbassato definitivamente la saracinesca senza essere rimpiazzate. Nessun “ricambio generazionale” e chi resiste lo fa perché ha passione e continua a crederci o perché non ha altra scelta che continuare finché può. E se anche le banche se ne vanno o riducono gli orari di apertura ci deve essere un motivo. Fino ad ora, il problema della crisi commerciale e produttiva di S. Piero è stato sottovalutato da chi amministra. Oggi che i risultati di questa mancata attenzione si cominciano a notare, due sono le scuole di pensiero: una è quella pessimistica che crede in un declino inarrestabile, l’altra quella della speranza, che sogna un rilancio in chiave innovativa. Noi pensiamo di farci interpreti di quest’ultima categoria mentale perché crediamo che rilanciare il centro sampietrino sia ancora possibile ma di certo non facile. Per farlo ci vogliono idee e queste possono venire soprattutto dagli stessi commercianti e in generale da chi ha esperienza nel settore. Noi de “Il Tocco” mettiamo sul tavolo la nostra di idea: commercio vuol dire iniziativa privata ma, nelle difficili condizioni in cui ci si trova oggi, vuol dire anche sostegno da parte delle pubbliche amministrazioni. Sostegno che non deve assolutamente essere sinonimo di “finanziamenti” ma che significa creare le condizioni affinché possa svilupparsi un microtessuto economico nuovo: con la nascita di una piccola consulta dei commercianti e degli imprenditori, per esempio, che faciliti l’interlocuzione con l’amministrazione comunale e non solo; con l’ideazione di progetti sulla falsa riga dei consorzi di commercianti o dei centri commerciali naturali; con sgravi delle imposte comunali per chi investe con iniziative commerciali nuove soprattutto nel centro storico o nelle aree rurali; con iniziative di vero e proprio marketing e promozione che possano attrarre clienti esternamente. Ci sono i flussi di visitatori del weekend da accogliere e che, oltre a godere delle bellezze del centro storico e del paesaggio, sono potenziali “clienti” non solo per le attività di ristorazione e ricettive ma anche per chi produce e vende prodotti tipici alimentari o artigianali. Serve certamente un cambio di mentalità soprattutto da parte degli stessi commercianti, un percorso di rivalutazione delle potenzialità umane e imprenditoriali del territorio. In qualche paese della nostra Sicilia questo è avvenuto: commercianti, produttori, imprenditori in sinergia con le amministrazioni locali e altri enti hanno avuto la capacità di creare nuovi meccanismi economici che coinvolgono tutti: dal contadino che crea il prodotto biologico, al ristorante che lo fa gustare in tavola; dalla bottega che lo vende, all’ufficio turistico comunale o al consorzio di produttori che lo tutela e lo promuove. Alcuni paesi hanno addirittura “brandizzato” il loro nome promuovendolo con ogni mezzo e a tutto vantaggio della propria economia. Perché non iniziare a pensarci anche a S. Piero? Perché non provare a farlo?
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(da "il Tocco" n. 2 - maggio-giugno 2014)