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Una questione di sistema

«Se la nostra povertà fosse dovuta ad una carestia, a un terremoto o ad una guerra, se ci mancassero i beni essenziali e le risorse per produrli, non potremmo aspettarci di trovare i mezzi per raggiungere il benessere se non nel duro lavoro, nell’astinenza, e nell’inventiva. In realtà i nostri guai sono notoriamente di altro genere. Essi provengono da qualche guasto nei meccanismi impalpabili della mente, nel funzionamento delle motivazioni che dovrebbero portare alle decisioni e agli atti di volontà, indispensabili per mettere in moto le risorse e i mezzi tecnici da noi già posseduti. È come se due automobilisti, incrociandosi nel mezzo di una strada principale, fossero incapaci a decidersi su come passare perché nessuno conosce il codice stradale.»

Erano i primi anni trenta. E in una economia mondiale ancora scossa dalla grande crisi del ’29, John Maynard Keynes, dalle righe del «Times», prospettava soluzioni suggerendo politiche alternative.

Quelli che potrebbero sembrare concetti lontani da noi, sono in realtà più attuali che mai. Queste parole, scritte in riferimento ad altri contesti sociali, politici ed economici, possono essere elevate a linguaggio universale per spiegare la situazione odierna. E non solo riflettendo sui problemi e le sfide del nostro tempo a livello mondiale, ma anche focalizzando l’attenzione sulle piccole realtà come la nostra.

In questa campagna elettorale sampietrina, un comune denominatore che ha contraddistinto la proposta e i discorsi dei candidati fino ad ora è il non poter promettere posti di lavoro e non esserne in grado di crearne direttamente. Questo concetto, che si è preferito specificare, dovrebbe però essere già acquisito dall’elettorato, risultando addirittura banale alle orecchie di chi ascolta. Come sarebbe possibile, oggi, dichiarare il contrario? La promessa dei posti di lavoro, e la loro effettiva “creazione”, è stata in passato solo fonte di clientelismo, precarietà e zavorra nei bilanci del Belpaese che a livello sussidiario paga ancora oggi le conseguenze di quelle politiche economiche, dalle amministrazioni centrali a quelle periferiche. Una politica errata, comoda a tanti, portata avanti per molto tempo senza prevedere le conseguenze già descritte.

Oggi, quel che a San Piero Patti un candidato sindaco deve essere in grado di promettere con coraggio e determinazione, è altro. Tornando a Keynes, il nostro problema è nei meccanismi della mente, nelle motivazioni, in sintesi negli strumenti culturali che ci consentirebbero di creare un’economia diversa. O almeno tentare. Perché è possibile creare ricchezza, nonostante tutto. Non siamo nel 1993, ma neanche nel 2007 o negli anni ottanta. Se da un lato risentiamo da sempre della mancanza di politiche a livello superiore che avrebbero dovuto portare vero sviluppo in Sicilia, iniziando dalle infrastrutture, anche un piccolo comune può e deve far la propria parte, ma nella consapevolezza delle azioni che il mondo odierno ci impone. Esistono delle opportunità offerte dall’economia digitale, da nuovi modi di intendere lo sviluppo impensabili fino a qualche anno fa. 

È da molti anni che nei programmi elettorali e nel successivo agire amministrativo si spendono parole e pagine sul turismo. Questo sconosciuto. Perché ciò che è stato fatto nel tempo è oggettivamente insufficiente. È giusto ricordare che non troppi anni fa San Piero Patti non godeva delle strutture principali delle quali dispone ora, pubbliche e private, ampiamente sfruttabili allo scopo (Convento dei Carmelitani, auditorium, attività ricettive). Ma acquisito il dato, è bene essere in grado di comprendere cosa va fatto ora. Strategie coniugate al tempo presente, precise e attuali.

Possediamo un grande patrimonio immobiliare privato. Trasformiamolo in risorsa. Facciamo sistema con la possibilità, oggi, di un collegamento stradale più veloce con la costa. Intercettando anche una piccola parte del turismo balneare desideroso di soggiornare in un ambiente diverso dal solito, riusciremmo a innescare un meccanismo nuovo. Possiamo essere competitivi.

Possediamo un grande patrimonio artistico, architettonico, storico, naturalistico. In una sola parola, culturale. Facciamo in modo che finalmente possa essere valorizzato. Per iniziare basta poco. Una seria e costante promozione svolta nel tempo. La pulizia e la fruizione dei luoghi, con la realizzazione di percorsi “attrezzati” (realizzare una nuova segnaletica turistica costerebbe veramente poco se fatta con intelligenza).

Possediamo una importante mole di competenze e risorse che si traducono in gastronomia, agricoltura e artigianato di qualità. Tutto ciò potrebbe diventare un museo all’aperto.

Possediamo quel che ci consentirebbe, in sintesi, di non essere inferiori a molti altri comuni siciliani con caratteristiche geografiche e demografiche simili alle nostre. È ovvio che per raggiungere obiettivi, tutti gli attori coinvolti devono convergere e fare sistema: privati, associazionismo, enti pubblici. Ma non vi deve essere alcun dubbio nella necessità di un cambio culturale, iniziando dal modo di fare politica.

Il prossimo sindaco ha una promessa da fare. Riuscire a traghettare l’intera comunità creando dialogo tra turismo, artigianato, agricoltura, trasformando con abilità e resilienza i punti critici in opportunità importanti. Ma anche la comunità deve promettere impegno, modificando, quando occorre, la propria visione della realtà.

Domani, in piazza, si svolgerà un tanto atteso, e speriamo non temuto, confronto tra candidati. Sono questi i temi sui quali sarebbe importante avere punti di vista con una sintesi delle azioni che, eventualmente, ciascun candidato propone e s’impegna a perseguire. Perché non è più il momento di misurare i risultati politici quantificando i finanziamenti ottenuti (soprattutto quando non definitivi). Non è più il momento delle grandi opere, spesso portate a termine senza una reale capacità consequenziale di saper trarre profitto sociale, culturale, economico. C’è bisogno di altro. A volte sono più necessarie le piccole cose, il saper programmare il territorio sfruttando al massimo le risorse che già possiede. Si parte da quello. Iniziamo a ragionare mettendo sul piatto competenze e idee realmente attuabili. Copiamole da altri se serve. Ci sono molti più comuni virtuosi, in Sicilia e in Italia, di quanti siamo in grado di immaginare. Che si domandi, domani sera ai nostri candidati, in che modo intendono raggiungere concretezza su questi aspetti fondamentali che non consentono rinvii. Il prossimo sindaco dovrà subito mettersi al lavoro seriamente e attendere pazientemente i risultati, insieme a tutta la collettività. Perché i risultati ci saranno, ma non subito. Occorrerà studio, passione, attenzione costante. In sintesi, buona politica.

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