
Federico IV d'Aragona "il Semplice". Storia del sovrano che venne a San Piero Patti
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- Categoria: La nostra storia
- Pubblicato Lunedì, 29 Marzo 2021 15:04
- Scritto da Anna Macula
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Uno degli eventi più significativi della storia medievale di San Piero fu la venuta del re Federico nel dicembre del 1356 insieme alla sorella Eufemia e Artale Alagona. In quell’occasione il re, salito al trono da appena un anno, intervenne nella rivolta scoppiata in paese convinto di trovare una situazione di difficile controllo e di aperta ostilità nei suoi confronti; invece la corte si trovò di fronte ad un’accoglienza inaspettata da parte dei sampietrini, i quali si erano ribellati contro il barone Manfredo Orioles Chiaramonte per le angherie che subivano. Tutto ciò convinse il re a far diventare la cittadina un dominio regio, cioè alle dirette dipendenze del sovrano il quale nominava suoi funzionari per la gestione amministrativa, togliendo di fatto la feudalità della terra di San Piero ai baroni Orioles fino alla morte del re, avvenuta nel 1377.
Ma chi era questo sovrano, screditato dagli storici e dai cronisti suoi contemporanei? Federico IV o Federico III? Uno degli errori più grossolani che spesso si commettono è quello di chiamarlo Federico III d’Aragona. Il nome Federico nella dinastia reale siciliana è abbastanza ricorrente, tutti i Federico re di Sicilia vollero continuare il rapporto di continuità con il grande Federico II di Svevia, lo “Stupor Mundi”, re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero. Alla figura di Federico II, sovrano carismatico e affascinante dotato di una personalità eclettica, si ricollegò Federico d’Aragona, quando nel 1296 divenne re di Sicilia per volere dei nobili siciliani. Proprio per una questione di continuità, ma anche per un abile calcolo politico, il sovrano si fece chiamare Federico III, anche se in quanto re di Sicilia si sarebbe dovuto chiamare Federico II. Da ciò è facilmente intuibile come il “nostro” Federico sia IV d’Aragona oppure III di Sicilia.
Federico nacque a Catania il 4 dicembre del 1342 da Pietro II, morto da qualche mese, ed Elisabetta di Carinzia; inizialmente il padre associò al treno il figlio Ludovico e nessuno avrebbe mai pensato che a diventare re fosse Federico. Per via della minore età di Ludovico la reggenza del regno era nelle mani dello zio, il duca Giovanni d’Aragona. Dopo la morte di Federico III, la Sicilia piombò in anni di totale anarchia poiché i re che vi successero non ebbero modo di tenere ben fermo il potere oppure morirono troppo giovani. Si affermò perciò il potere di alcune grandi lignaggi, quali i Chiaromonte, i Peralta, i Rosso, gli Alagona, i Ventimiglia e gli Aragona. Nel 1347 il morbo della peste colpì l’Europa e gli effetti non tardarono a manifestarsi in Sicilia, la famiglia reale fu costretta a spostarsi da Catania a Messina e di nuovo verso Catania con il tentativo di evitare che il morbo colpisse i giovani Ludovico e Federico. Nel 1348 morì Giovanni e salì al trono Ludovico il quale nel 1355 contrasse la peste e morì il 16 ottobre. Quando salì al trono Federico aveva 13 anni, di salute cagionevole (qualche storico ebbe a dire “con qualche problema di demenza”, da ciò deriverebbe l’appellativo “il Semplice” ma anche per la sua politica troppo accondiscendente verso i suoi feudatari), fu affiancato dalla sorella Eufemia, nominata vicaria generale il 22 ottobre del 1455 nel Parlamento riunito, composto da grandi famiglie nobili, a Messina. Il piccolo Federico fu in balia del controllo di un gruppo di nobili tra cui Enrico Rosso, Artale Alagona, Emanuele e Francesco Ventimiglia, lo zio del re Orlando Aragona e Perronio de Iuvenio, i quali furono i principali artefici della politica di quegli anni. Per buona parte del Trecento, infatti, la Sicilia fu in uno stato di disordine politico visto che i feudatari ambivano al controllo del sovrano e questa fu la ragione delle continue lotte interne dettate dalla loro sete di potere. Si parla infatti di lotte tra le fazioni catalana e latina, rappresentate rispettivamente dagli Alagona e Aragona e dai Chiaromonte e Ventimiglia. Fin da subito il re si trovò a dover fronteggiare questo stato di cose, sempre in movimento da una città all'altra a sedare le continue rivolte. In uno di questi spostamenti, mentre era diretto a Castiglione, giunse la voce della rivolta popolare a San Piero Patti e per questo motivo il re e la sua corte decisero di intervenire. Mentre si trovava nella nostra cittadina, i feudatari gelosi della crescente influenza che aveva Artale Alagona sul giovane Federico tramarono alle sue spalle facendo perdere la città di Messina, punto nevralgico del Regno, la quale ritornò in mano agli Angioini, e la piana di Milazzo. Artale venne informato che gli Angioini erano arrivati a Monforte San Giorgio. Fu un duro colpo per il re che si era fidato troppo della fedeltà dei suoi signori e si era illuso di riconquistare facilmente la città dello Stretto. E così il 24 dicembre 1356 Giovanna d’Angiò e Niccolò Acciaiuoli, personaggio di spicco nel Regno di Napoli, entrarono a Messina. Si riacutizzava il contrasto tra Aragonesi e Angioini, intenti più che mai a riprendersi la Sicilia, e dopo aver conquistato Messina miravano a colpire Catania dove risiedeva la corte. In questa occasione fu ancora più evidente il voltafaccia dei signori feudali che, pur avendo l’occasione di scacciare gli Aragonesi dando il loro appoggio agli Angiò, decisero di aiutare Federico, temendo forse che senza un sovrano da poter controllare a proprio piacimento non avrebbero più avuto gli stessi vantaggi.
Anche nelle politiche matrimoniali Federico, che nel frattempo aveva raggiunto la maggiore età, si ritrovò a dover capeggiare le insistenze dei suoi feudatari ma questa volta seppe tener duro e mostrò di aver un po’ di carattere decidendo di sposare Costanza d’Aragona, figlia della sorella Eleonora e di Pietro IV, contro il voler dei Ventimiglia (in questo periodo Francesco Ventimiglia era diventato il tutore di Federico) che invece avrebbe voluto che sposasse una parante della regina Giovanna di Napoli. Da questo matrimonio ognuno aveva i propri interessi: Federico voleva mantenere indipendente la Sicilia ma allo stesso tempo avere vicino i reali di Spagna per poter chiedere loro aiuto visto che le casse della corona erano vuote; Eleonora invece sperava che dal matrimonio non nascesse nessun erede in modo da accaparrarsi la Sicilia e ricongiungerla alla Spagna. Il matrimonio, dopo varie peripezie, fu celebrato nella cattedrale di Catania l’11 aprile 1361 e da esso nacque una figlia, Maria, la futura regina di Sicilia. Il 2 luglio 1363 la regina Costanza, alla quale Federico accordò una certa fiducia dandole mandato di prendere parte alle riunioni del Parlamento siciliano e di prendere decisioni in sua assenza, morì colta da una febbre fortissima. La morte della regina Costanza diede modo a Federico di attuare una nuova strategia di politica estera con la possibilità di contrarre un nuovo matrimonio con l'intento di mitigare le relazioni con i nemici di sempre, gli Angioini, e di calmare le ostilità tra Catalani e Latini nell’isola. Dopo essere riuscito a quietare le ribellioni di Francesco Ventimiglia e Federico Chiaromonte, con la stipula della pace di Piazza - Castrogiovanni, Federico IV intraprese le lunghe trattative con Giovanna chiedendo in sposa la duchessa Giovanna di Durazzo. La corte napoletana e il Pontefice erano favorevoli, mentre la duchessa era contraria perché voleva sposare Aimone III di Ginevra. Inoltre era a conoscenza della situazione disastrosa in cui versava il Regno di Sicilia, povero e trascurato, e per di più era convinta che Federico non fosse di fisico atletico. Quindi la duchessa e sua madre cercarono di prendere informazioni circa le reali condizioni del regno. Tuttavia, al di là delle resistenze di Giovanna, le trattative non andarono a buon fine perché le condizioni poste da Federico erano inaccettabili in quanto chiedeva l’indipendenza della Sicilia mentre da Napoli speravano di tenere ben salde Messina e la piana di Milazzo. Nel frattempo Federico IV riuscì a riprendersi Messina nella primavera del 1364 grazie ad un accordo stipulato con il magnate Manfredi Chiaromonte che prevedeva il perdono e la restituzione dei beni ai suoi seguaci (che prima lo avevano tradito!!) e a tutti i messinesi che avessero dichiarato fedeltà al re. Le operazioni militari furono guidate dal gran giustiziere Artale d’Alagona, il quale era ritornato ad influenzare il sovrano come un tempo, scatenando le gelosie dei Chiaromonte, ma Federico da buon diplomatico cercò di accontentare entrambi dando varie concessioni e trasferendosi a Messina. Per fortuna Federico si rese conto che era necessario svincolarsi da Artale cercando di non fare troppe concessioni alla parte catalana per non inimicarsi la fazione latina, il suo trasferimento a Messina può essere letto in questo senso. Furono questi gli anni del risanamento delle casse del regno, dell’organizzazione amministrativa e politica e diede inoltre nuovo lustro alla città di Messina provata dalle guerre e carestie. Il 13 ottobre 1370 Federico IV mentre usciva dalla chiesa di San Francesco a Messina subì l’aggressione di un fiammingo, mastro Tomeo, il quale voleva attentare alla sua vita, ma grazie al pronto intervento di Francesco Ventimiglia il pericolo fu evitato. Dietro questo attentato si presume ci fosse la mano del gran giustiziere Artale d’Alagona. Dopo questo episodio finalmente venne fuori il carattere di Federico, si rivelò coraggioso, determinato e consapevole della dignità regia. E infatti nel 1372 Federico IV ottenne un importante successo, che la storiografia non ha tenuto adeguatamente in conto: la firma della pace con gli Angioini, con il consenso del papa Gregorio XI, che pose fine alle ostilità tra i due tronconi del regno creato dai Normanni dopo quasi cento anni di lotte. A suggellare l’accordo il re contrasse matrimonio con Antonia del Balzo, cugina della regina Giovanna. Una nuova ribellione di Enrico Rosso mise alla prova Federico, Enrico si era impadronito di Messina e questa volta il re seppe abilmente recuperare la città, grazie all’aiuto di Artale d’Alagona con il quale si era riavvicinato, e non concesse più il perdono ad Enrico, come aveva fatto in precedenza. Dagli scontri di Messina morì anche Antonia e il re stava già pensando a nuove nozze con la figlia di Bernabò Visconti di Milano, con il quale erano sempre stati in buoni rapporti. Ma la morte improvvisa, forse a causa di un tumore, colse il re all’età di 34 anni il 27 luglio 1377. Fu sepolto a Messina nella chiesa di San Francesco lasciando il regno nelle mani della quattordicenne Maria sotto la reggenza di Artale. Di lì a qualche decennio l’autonomia del Regno di Sicilia sarebbe definitivamente finita, nonostante gli sforzi che Federico IV compì durante il suo breve regno.
La venuta del re a San Piero veniva ricordata, fino a qualche anno fa, con il consueto corteo storico di “Federico III”, una tradizione che oggi come oggi non andrebbe persa, ragionando con un’ottica turistica, ma che andrebbe potenziata soffermandosi di più nello studio del periodo storico in questione facendo in modo che il corteo diventi anche una rievocazione storica a tutti gli effetti.